Arte figurativa nel Sol Levante
Quel ‘900 senza tempo
Per il cinquantesimo anniversario della nascita dell’istituto culturale nipponico a Roma, la Gnam propone una mostra con 111 dipinti e 59 opere d’arte decorativa, provenienti dai più importanti musei e collezioni private del Paese asiatico. La mostra é distinta in due diverse fasi: dal 25 febbraio al 1 aprile e dal 4 aprile al 5 maggio.
La paura di non essere all’altezza, ci fa salire di un gradino. Così recita un proverbio giapponese, che per certi versi ben descrive il percorso dell’arte nipponica del XX secolo. L’occasione per conoscerla più da vicino, ci è data dalla mostra da poco inaugurata alla Gnam, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, di Roma. In occasione dei cinquant’anni dell’Istituto Giapponese di Cultura a Roma, in collaborazione con The National Museum of Modern Art di Tokyo e con l’Ambasciata del Giappone in Italia, è stata organizzata per la prima volta un’ampia esibizione dedicata all’arte giapponese del Novecento, un periodo ancora poco esplorato, d’intense trasformazioni, che va dalla restaurazione dell’Imperatore Meiji nel 1868, alla fine della seconda guerra mondiale.
Proprio intorno al 1870, grazie allo studioso americano, Ernest Fenollosa, docente all’Università di Tokio e grande divulgatore, l’arte giapponese iniziò a farsi conoscere in Occidente. In breve tempo divenne molto famosa, esercitando per esempio un notevole impatto sull’impressionismo francese, che avrebbe poi influenzato a sua volta gli artisti del Giappone. Molte forme dell’arte giapponese furono introdotte ex novo alla fine del XIX secolo per rispecchiare i desideri dell’Occidente, insistendo per esempio sulle forme d’arte più popolari e pittoresche e trascurando invece le creazioni più austere dell’arte classica, più raffinata e d’ispirazione cinese. Ci sono delle differenze fondamentali tra ciò che noi intendiamo come percorso classico della storia dell’arte, rispetto a come si è evoluta l’arte Giapponese, ad esempio l’istituzionalizzazione avvenne solo alla fine del XIX secolo, perché il Giappone non conosceva alcuna netta divisione tra le diverse forme di comunicazione visiva.
Come in molte società tribali, in cui anche gli oggetti più umili sono realizzati con cura estrema al fine di renderli bellissimi, i giapponesi non facevano distinzione tra il fine utilitaristico e l’aspetto estetico.
La mostra alla Galleria nazionale d’arte moderna, presenta la pittura nihonga (“stile giapponese”, in opposizione alla pittura y? ga in “stile occidentale”) e una ricca sezione di arti applicate, una selezione di alto livello qualitativo di opere che reinterpretano lo spirito della tradizione: dai kakemono, i tipici dipinti su rotoli verticali di carta o di seta, ai magnifici paraventi che decoravano gli interni delle case giapponesi, poi lacche, ceramiche, tessuti, kimono, vasi, intagli in legno, capolavori di una lunga e raffinata tradizione artigianale. Sono poi affrontati tutti i soggetti, tipici della poetica nipponica: raffigurazioni di animali, immagini femminili, fiori, paesaggi, e dettagli che rappresentato le stagioni che passano.
Tradizionalmente, i giapponesi sono vissuti in un mondo alquanto circoscritto sotto l’aspetto materiale, indossando per lo più abiti molto semplici, vivono in case piccole e possiedono pochi beni personali. Eppure, quel poco è sempre stato oggetto di enorme attenzione, come se tutto anche l’oggetto più umile meritasse cura e bellezza. Noi occidentali invece, abbiamo sempre vissuto la netta separazione tra l’aspetto utilitaristico e quello estetico. Gli oggetti di uso immediato erano opera di tecnici o di artigiani, mentre le forme d’arte più elevata, come la pittura, che produceva dipinti bellissimi ma di nessuna utilità pratica, era appannaggio degli artisti. Si tratta di una separazione che molti fanno risalire al Rinascimento, l’epoca in cui si creò la distinzione tra artigiano e artista e in cui l’estetica occidentale pose come proprio principio organizzatore fondamentale “l’arte per l’arte”. In Giappone la linea di demarcazione tra arte pura e arte applicata rimane tuttora alquanto vaga, tanto che i giapponesi riconoscono ai grandi artisti-artigiani il massimo prestigio definendoli ufficialmente “tesori nazionali viventi”.
di VALENTINA TOSONI
Notizie Utili. Arte in Giappone 1868-1945.
La mostra si svolgerà in due fasi espositive successive, per esigenze conservative.
A cura di Masaaki Ozaki, Ryuichi Matsubara, Stefania Frezzotti.
Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Viale delle Belle Arti 131, Roma
Ingresso per disabili: via Gramsci 73
Orari di apertura: martedì – domenica dalle 10.30 alle 19.30 (la biglietteria chiude alle 18.45). Chiusura il lunedì
Gyokudo Kawai. Paesaggio montano con nuvole e pioggia (San’u shinsei). 1929. Nikaido Museum
Chikudo Kishi. Tigri (Mo ko zu). 1895. The Museum of Modern Art, Shiga
Kansai Mori. Uva e scoiattoli (Budo to risu). 1882. Yamaguchi Prefectural Museum of Art
Taikan Yokoyama. Cascata (Hisen). c. 1900. Aichi Prefectural Museum of Art, Nagoya
Gyokusho Kawabata. Primavera a Muko jima (Muko jima shunshoku). 1894. The Miyagi Museum of Art
Eikyu Matsuoka. Lo stagno di Ikaho (Ikaho no numa). 1925. The University Art Museum, Tokyo University of the Arts
Kihachi Tabata. Kimono a maniche lunghe (furisode) con motivo di crisantemo. The National Museum of Modern Art, Kyoto
Kinko Zan, So bei VII. Giara con coperchio con motivo di fiori e uccelli. 1884-97. The National Museum of Modern Art, Tokyo
Anonimo. Rotolo campione con motivo realizzato a tintura yu zen. Epoca Taisho. Chiso Co., Ltd
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