A Milano la prima mostra italiana del grande “menestrello” del rock. Che disegna sin dai suoi primi anni di carriera musicale ma solo di recente si è deciso a esporre le sue opere nel mondo. La sua fugace apparizione a Palazzo Reale
Non sentiremo riecheggiare le note di Bob Dylan dentro gli spazi di Palazzo Reale a Milano, ma potremo osservare le forme e i colori delle sue composizioni pittoriche. Apre oggi al pubblico la mostra “The New Orleans Series”, la prima esposizione in Italia in uno spazio pubblico del cantautore americano, curata dal critico-star Francesco Bonami, che l’assessore alla cultura Stefano Boeri ha voluto come nuovo responsabile del calendario espositivo milanese.
Bob Dylan, figura simbolo degli anni ’60 della canzone impegnata e di protesta, eclettico e irrequieto nell’arte come nella vita, oltre ad aver sperimentato nei suoi 50 anni di carriera generi musicali diversi, ha messo alla prova la sua creatività anche in altri ambiti espressivi. Ricordiamo il Dylan poeta, romanziere, intellettuale mpegnato, attore, e ora abbiamo l’occasione di conoscere anche il pittore. Che disegnare e dipingere fosse uno dei suoi linguaggi artistici preferiti, lo ha spesso dichiarato, ma ultimamente si è spinto oltre, ammettendo di sentirsi più a suo agio davanti a una tela da colorare, che a un foglio bianco da riempire.
Tutto ha preso il via nel 1966, quando vittima di un incidente motociclistico, che lo costrinse a stare a letto per alcuni mesi, si ritrovò a maneggiare pennelli e colori, che da lì in poi non ha più abbandonato. Disegna quando va in tournée, trova tempo per dedicarsi alla pittura mentre compone musica, insomma il linguaggio visivo è un aspetto della sua artisticità, che sta iniziando a prevalere sul resto. Negli Stati Uniti ha reso pubblici i suoi lavori già molte volte, conquistando anche una delle più ambite gallerie al mondo, la newyorkese Gagosian Gallery, ma fu snobbato dalla critica piuttosto inclemente in quella occasione; in Europa ha esposto per la prima volta nel 2007 con una personale organizzata al Kunstmuseum di Chemnitz, in Germania e ora l’esibizione milanese ci offre l’occasione per un incontro ravvicinato con i suoi lavori.
La serie in mostra presenta 22 dipinti recenti, per lo più ripresi da immagini fotografiche, che illustrano una New Orleans degli anni 50 decadente, avvolta in tinte terrose, piuttosto tetra, fatta di angoli angusti e figure enigmatiche, come fossero ritratti usciti da un noir alla James Ellroy. Il tratto semplice e la pennellata pastosa, ” che richiama lo stile di Gauguin, ma con colori tendenti al cupo”, ha spiegato con leggero azzardo il curatore Francesco Bonami, rimanda piuttosto alla pittura americana figurativa d’inizio secolo, come se anch’egli avesse frequentato da studente discreto, le lezioni di Robert Henry, grande maestro di Edward Hopper, Rockwell Kent, George Bellows e Man Ray. Con la determinazione di chi pratica la dimensione di artista totale, data dall’innegabile capacità e volontà di percorrere tutte le direzioni possibili, l’autore di “Blowin’ in the Wind” prosegue la sua ricerca tra le pieghe espressioniste e metafisiche della grande pittura del novecento, con la convinzione che: “Bisogna credere in ciò che si fa e dedicarsi a quello”. È facile rimanere intrappolati in quello che la gente pensa che dovresti fare. Ma restare convinti di questo ha un suo prezzo”.
Rimane da chiedersi come mai uno spazio istituzionale come Palazzo Reale abbia in questo caso ceduto più alla celebrità del personaggio che alla sua statura artistico-pittorica. C’è chi sostiene che i musei con queste operazioni corrano il rischio di diventare luoghi d’intrattenimento piuttosto che di studio e approfondimento; ma esporre una “passeggiata alternativa” di chi ha già tanto dimostrato, è in realtà, molto più di altre, un’onesta opportunità per attrarre e accorciare le distanze con un pubblico che diversamente non si avvicinerebbe.
Una curiosità. Bob Dylan non ha presenziato all’inaugurazione, ma il curatore ha raccontato che “il menestrello del rock” è passato dalle sale di Palazzo Reale per vedere la mostra, che ha molto apprezzato. Con insistenza ha voluto conoscere il giudizio di chi le sue opere le aveva toccate, spostandole e appendendole, allestendo la mostra. Poi, come nel suo stile, non si è concesso a nessuno e soddisfatto, sostengono, ha lasciato Milano.
Notizie utili. A Palazzo Reale. Piazza Duomo, 12 Milano. Lunedì dalle 14.30 alle 19.30 Martedì, Mercoledì, Venerdì e Domenica dalle 9.30 alle 19.30 Giovedì e Sabato dalle 9.30 alle 22.30. Ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura. Ingresso libero. Aperta fino al 10 marzo 2013.
Valentina Tosoni
Quotidiano digitale la Repubblica.it
Oggi non pubblico una notizia relativa al restauro, ma relativa al mondo dell’Arte si, dell’Arte a “tutto tondo”. Perché così dovrebbe essere, sempre e comunque. Non siamo fatti a compartimenti stagni e se oggi annunciano che uno dei “cantautori per eccellenza” espone le sue opere a Milano, non posso che omaggiarlo nel mio sito. Bob è stato il simbolo della contestazione, della libertà, della ricerca di un modo diverso e più umano e meno ipocrita di colorare il mondo, la nostra società universale. Ha scritto testi stupendi e se la sua anima ha svolazzato nell’aria imprimendo pennellate di colori su una tela, mi conferma ancora di più che la profondità di un artista riesce ad esprimersi in tante forme e valenze. E questo è semplicemente bello.
Andrò sicuramente a vedere la sua mostra!
Ciao a tutti
Simo