IL CODICE ATLANTICO DI LEONARDO DA VINCI


CODICE ATLANTICO

Raccolta di studi e frammenti scientifici di Leonardo da Vinci.

È il “libro grande” descritto nella donazione di Galeazzo Arconati alla Biblioteca Ambrosiana. In foglio grande (mm. 440 X 650), consta di 393 carte che raccolgono circa 1600 foglietti, per lo più autografi. La legatura in cuoio rosso reca la leggenda: Disegni di machine et delle arti segrete et altre cose di Leonardo da Vinci, raccolte da Pompeo Leoni. Fu edito in facsimile e con trascrizione diplomatica e critica di Giovanni Piumati, dal 1894 al 1904, a cura di Ulrico Hoepli; l’edizione fu promossa dalla R. Accademia del Lincei. La sua compilazione risale al tempo del soggiorno spagnolo di Leone Leoni, il quale, smembrando i manoscritti vinciani in suo possesso, ne formò due raccolte fittizie, seguendo un criterio di separare gli schizzi e gli appunti artistici e di anatomia dagli altri ritenuti di meccanica e in genere di scienza. La prima, venduta al re di Inghilterra, è conservata al castello di Windsor; la seconda, passata al Calchi e all’Arconati, nel 1637 entrò a far parte della Biblioteca Ambrosiana insieme agli altri codici vinciani, con i quali nel 1796 fu trasferita a Parigi, già con la denominazione di Codice Atlantico (dal formato di atlante), e fu anche il solo codice a essere restituito all’Italia, mentre gli altri rimasero alla Biblioteca dell’Istituto di Francia, dove il nostro incaricato non seppe cercarli. Il particolare temperamento di artista doveva guidare il Leoni alla preferenza per i disegni che ora sono a Windsor; anche l’omogeneità della materia giustifica questo orientamento. Nell’altro codice miscellaneo, ove senz’ordine furono raccolti i fogli di argomento diverso, per lo più scientifico, l’ordinamento fu retto dal solo criterio dell’economia di spazio, di modo che qualche disegno venne a esser diviso in due parti, e appunti originali confusi con altri non autografi. Dire del Codice Atlantico riesce perciò difficile, ove non si voglia parafrasare la stessa somma del sapere vinciano. Le note biografiche si aggiungono alle osservazioni dei fenomeni naturali, alle sperimentazioni scientifiche, agli studi di meccanismi diversi. È a f. 391 recto-b la nota minuta di lettera a Ludovico il Moro, ritenuta non autografa ma originale, in cui il Maestro, all’atto della sua venuta a Milano, illustra le sue capacità nel campo dell’ingegneria militare, dell’artiglieria, dell’architettura e offre i suoi servigi per la modellazione della grande statua onoraria in bronzo di Francesco Sforza: in tutto ciò egli afferma di esser disposto a concorrere e “paragone di ogni altro, sia chi vuole”. Molti, anzi in preponderanza, sono nel Codice Atlantico i fogli che si riferiscono al soggiorno milanese di Leonardo. Le notazioni di ingegneria idraulica documentano l’importante apporto recato agli studi di canalizzazione dell’agro lombardo iniziati già sotto la signoria viscontea e realizzati, con imprese che hanno del colossale, soltanto allo scorcio del Cinquecento. Nella nobile schiera di valenti progettisti che lo avevano preceduto, da Filippino degli Organi ad Aristotele Fioravanti, Leonardo si inserisce con nuovi ritrovati, come il perfezionamento delle “conche” o con progetti grandiosi, come congiunzione a Milano dell’Adda, derivata alla località Tre Corni. Larga parte hanno pure i disegni di macchine belliche (balestre, mitragliere, cannoni a retrocarica) e di fortificazioni militari, i dispositivi nautici, le invenzioni tecnologiche, gli studi di architettura e di cartografia, le esercitazioni grammaticali; ma più intensa suggestione rendono gli incisivi abbozzi di schemi alari per il volo meccanico, ricostruiti in base a precise osservazioni sul sistema anatomico dell’uccello e portati a dimensioni impressionanti. Profili per medaglie, idee per dipinti, modelli per i monumenti equestri ai quali la sorte fu tanto matrigna: tutti ingemmano i preziosi foglietti, accatastati a caso, vari di grafia e di tecnica, raramente spuri, sempre partecipi del favoloso mondo speculativo vinciano.

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